Un libro che mi piace molto
Il Vaso d'oro di E.T.A Hoffmann è un lungo racconto fantastico-surreale che l'autore scrisse attorno al 1814/15. Siccome ora ho frettissima ne parlo più estesamente (forse) in altro momento. Comincio per intanto a riassumerne i primi 4 capitoli (che lui chiama veglie).
Bye bye
Prima veglia
Il giovane Anselmo è uno studente sfigatissimo abituato a combinare disastri ad ogni mossa e particolarmente sfortunato in amore. Oggi, che è il giorno dell’Ascensione, festa molto importante, proprio mentre sta uscendo di casa per recarsi a gozzovigliare inciampa nella cesta di mele vendute da una vecchia ambulante, sparpagliando i rossi frutti sul selciato. La vecchia pretende come risarcimento tutti i pochi soldi che Anselmo ha con sé, e in più gli lancia una maledizione: “tu cadrai nel cristallo!”
Il povero Anselmo, rimasto senza soldi, non può più andare a fare baldoria, quindi si ritira sulle rive dell’Elba (il fiume, non l’isola) a maledire la sua sorte avversa sotto un sambuco. Ma qui accade una cosa strana: gli pare ad un tratto di comprendere il linguaggio degli elementi, e dopo questo tre graziose serpi color verde-oro vanno a giocare tra le foglie di sambuco. Una di queste serpi lo guarda con occhi azzurri carichi diardente desiderio, ma subito dopo una voce proveniente dal sole che tramonta richiama a casa le bestiole e le serpi fuggono via. Anselmo si sorprende ai piedi del sambuco a implorare la graziosa serpe dagli occhi azzurri di mostrarsi ancora.
Seconda veglia
In tale atteggiamento lo sorprende anche il suo vicepreside, Paulmann, che gli ruba una presa di tabacco e attribuisce lo strano comportamento del giovane alla birra e alle libagioni festive.
Il vicepreside non è solo, ma è accompagnato dall’attuario Heerbrand e dalle graziose figliole, la maggiore delle quali si chiama Veronica e ha pressappoco l’età di Anselmo. I tre invitano Anselmo a una gita in barca sull’Elba, durante la quale lo studente, credendo di scorgere la serpe verde-oro nell’acqua, rischia di precipitare nel fiume. Ma Veronica gli sorride e lui si convince che gli splendenti occhi azzurri sognati siano quelli della fanciulla. Dopo la gita in barca Anselmo prosegue la serata in casa Paulmann, dove suona il piano accompagnando la dolce Veronica (che ha una voce argentina, ma mai come quella delle serpi). Paulmann e Heerbrand gli fanno sapere di avergli trovato un impiego: dovrà recarsi dall’archivista Lindhorst, il quale è alla ricerca di qualcuno che copi a mano i numerosi manoscritti preziosi della sua biblioteca. La paga è buona ed è previsto un premio per l’esecuzione corretta del lavoro. Ma guai se farà una macchia su un originale: Lindhorts è noto per il suo caratteraccio e potrebbe arrabbiarsi moltissimo.
Il giorno seguente Anselmo, cha ha una spiccata passione per la bella calligrafia, si reca da Lindhorst, ma proprio mentre sta per suonare il picchiotto della porta, questo si trasforma nell’orribile vecchiaccia delle mele, che a sua volta si trasforma in un serpente di vetro che stringe Anselmo tra le sue spire.
Quando il giovane torna in sé è a casa propria. Paulmann lo sta curando e gli ricorda che non è riuscito ad andare da Lindhorst.
Terza veglia
La terza veglia si apre con uno strano racconto. Viene narrata la storia di un magnifico Amarillide di fuoco e della sua travolgente passione per il pensiero Fosforo. Questo amore muta l’Amarillide in una saettante salamandra, la cui cosa spezza il cuore del bel Fosforo, che verrà poi accolta in seno dai draghi, malvagi fratelli dei metalli.
Siamo in un caffè e la storia viene raccontata da Lindhorst, il quale afferma si tratti della storie dei suoi avi. Stando a lui, egli stesso è una creatura centenaria già in piena attività allorquando le piramidi vennero erette.
La gente al caffè si burla di lui e delle sue fantasie, ma Paulmann e Heerbrend ne approfittano comunque per avvicinare l’archivista ad Anselmo, che è sempre più intimorito all’idea di andare a lavorare da quello strano tipo.
Quarta veglia
Anselmo è preso da malinconia, molto romantica. Rifugge la vita mondana e torna sovente al sambuco nella speranza di scorgere le serpi verde-oro. Invece vi trova Lindhorst, la cui voce è sorprendentemente simile a quella udita dallo studente nell’atto di richiamare i tre piccoli rettili.
Lindhorst dal canto suo conferma: le serpi sono le sue graziose figliole, e quella scorta da Anselmo è la più giovane, Serpentina. Estratto uno smeraldo magico, Lindhorst mostra al giovane la dolce Serpentina intenta a suonare il pianoforte (e a questo punto sorge il dubbio: come può un serpente, per quanto grazioso, suonare il pianoforte? Io, personalmente, sono giunta alla conclusione che Serpentina compaia certe volte in forma di serpe e altre in forma di splendida fanciulla).
Lindhorst suggerisce ad Anselmo l’idea che se andrà a lavorare da lui potrà vedere più spesso Serpentina, quindi gli consegna una fialetta contenente un liquido dorato da spruzzare sulla faccia della vecchiaccia qualora si ripresentasse, e si allontana volando come un nibbio reale.